Niente da fare. Marco Cecchinato è ancora al tappeto, e con lui l’Italia che non “buca” il Challenger di Como dal 2006, praticamente dalla prima edizione. Poi, dopo quell’indimenticabile finale tra Simone Bolelli e Federico Luzzi, solo feste straniere. Questa volta è toccato al Portogallo, il cui nome ancora mancava all’albo d’oro.

Vince con merito Pedro Sousa, 1-6 6-2 6-4. Vince un giocatore poco appariscente, all’apparenza normale e per nulla speciale, che tuttavia sa fare tutto e tutto mediamente bene. Soprattutto il rovescio, con traiettorie difficili per gli avversari. Eppure per battere Sousa sulla terra, di questi tempi, serve un’impresa.

Il lusitano è al secondo Challenger consecutivo vinto sul rosso, il terzo del 2017 che si sta rivelando il suo anno migliore. Negli ultimi tre tornei disputati ha portato a casa le due vittorie già citate e una finale. Non può essere un caso. Non sono insomma prestazioni “normali”.

Un’altra caratteristica si Sousa ci ha impressionato in questi giorni: la sua capacità di esserci sempre con la testa e di fare sempre la cosa giusta al momento giusto, cogliendo ogni minimo varco per infilarsi e riaprire il match. All’esordio contro Elias Ymer era sotto 0-4. Risultato finale 6-4 6-0 contro un giocatore, lo svedesino, che arrivava dalla vittoria di Cordenons e dalla semi a Manerbio.

Al secondo turno, contro il nostro Andrea Arnaboldi, un set sotto e partita ribaltata nella seconda e terza frazione. In semi con Corentin Moutet stessa storia, e oggi nella finale pure. Insomma, servono gli attributi per recuperare match simili a poche ore uno dall’altro.

Nella finalissima di Villa Olmo, con spalti gremiti come non si era mai visto – esauriti tutti i biglietti disponibili – Cecchinato, che era la testa di serie numero 1 ma che con Sousa non aveva mai vinto (0-2 nei precedenti), parte forte dai blocchi. Gioca bene come ha fatto per tutta la settimana, arriva in un amen al 6-1. “Partita veloce”, si sente dire sugli spalti. Ma chi parlava evidentemente non aveva visto nei giorni prima Sousa.

Che infatti, alla ripresa delle ostilità, inserisce il pilota automatico e il match arriva al terzo set. Cecchinato ha comunque il merito di non disunirsi, anche quando avanti 3-1 viene nuovamente ripreso. Lotta un lungo game con il portoghese al servizio, poi è lui che deve servire per rimanere nel match. E qui qualche fragilità viene fuori nel siciliano che cede il servizio e il titolo.

Avrebbe meritato Marco Cecchinato, ha meritato Pedro Sousa, accolto comunque da un lungo applauso nonostante il sogno tricolore di nuovo infranto. Insomma, a Como l’azzurro – lago a parte – non va di moda. Sarà per l’anno prossimo. Anche se ormai lo diciamo da 12 anni.

Una nota in chiusura: il pubblico. Numeroso, anzi numerosissimo. Sportivo, composto, conoscitore del gioco e delle regole non scritte che lo regolano. Semplicemente, centinaia e centinaia di appassionati che hanno dato un tocco in più alla finale di un torneo che ricorderemo per le tante cose belle viste. Viene solo da chiedersi, vista una simile passione, cosa potrebbe diventare il tennis in Italia se solo avessimo la fortuna di avere anche noi un Federer o un Nadal.

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About Author

Sono nato a Como nel dicembre del 1974 e in questa città sono cresciuto, mi sono sposato e sono diventato padre. Sono un giornalista professionista iscritto all’Albo della Lombardia. Amo il tennis da sempre, da quando bambino sognavo di diventare Stefan Edberg. Mi sono fermato molto prima. Pigro di natura, ho preferito raccontare questo sport nel modo meno faticoso, ovvero dalla tastiera di un pc. Ho lavorato per Espansione Tv e il Corriere di Como seguendo tutt’altro, la cronaca nera e giudiziaria. Oggi scrivo per La Provincia di Como.

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